Iaido agonistico e Iaido Classico: dualismo micidiale

Sul sito Cik ci  siamo imbattuti nell’articolo: Selezione della Nazionale e Taikai: un week end dedicato allo Iaido, del 5 luglio.

L’articolo in questione è inserito nella sezione IAIDO, ma, ci spiace rilevarlo, di  iaido non abbiamo trovato la minima traccia. E non poteva essere altrimenti visto che l’articolo tratta di “iaido agonistico”, una vera e propria contraddizione in termini dacché se lo Iai è un Do cioè una Via, nulla può avere in comune con l’agonismo e quindi con lo sport, ed anzi se ne pone agli antipodi, il Do esigendo ben altre sfide, ovvero quelle con il proprio ego, entità non facilmente addomesticabile e meno che mai con lo “iaido agonistico”, il quale, semmai, finisce con l’alimentarlo, nonostante certe testimonianze di “umiltà” che non convincono.

L’Articolista scrive: “Ma quale misera indagine sarebbe la nostra, se guardassimo al giorno della competizione solo in base al rivestimento della medaglia che possiamo ottenere o meno”. Ma intanto, a parte quel “giorno della competizione” che certamente non riguarda il Do, le tre fotografie che corredano l’articolo mostrano invariabilmente persone sorridenti e … medagliate. Come si dice: contra factum non valet argomentum.

L’articolo in questione si avvale di un linguaggio indubbiamente agonistico-sportivo: “selezione della nazionale italiana”, “competitori e arbitri”, “inizio della gara vera e propria” e via dicendo, non potendo ovviamente mancare la famosa “ansia da prestazione”, ossia, come si esprime l’Articolista in un precedente articolo il cui titolo è tutto un programma (Le gare di iaido: una guida per lo spettatore curioso), “la paura di esibirsi sotto pressione”, circa la quale ci sarebbe molto da dire ma che in questa sede tralasciamo.

 

L’Articolista afferma: “ mi è parso di vedere uno iaido sempre più bello e più amato”, evidentemente riferendosi allo “iaido agonistico”, ed è proprio qui che, come si dice, casca l’asino.

Infatti, a nostro parere, il successo crescente dello “iaido agonistico” è di inaudita gravità, poiché con esso si accentua sempre più il dualismo che è venuto instaurandosi rispetto allo iaido classico, che nella mente dei fautori dell’agonismo reca evidentemente delle insufficienze, assurdità per la quale non intendiamo impiegare altre parole. Per questo, è facile prevedere come la deviazione dello “iaido agonistico” prenderà sempre più piede fino al punto di soppiantare lo iaido classico, ciò rappresentando un “progresso” secondo la mentalità moderna, appunto tipicamente progressista, che pensa che tutto ciò che “evolve” debba essere per forza migliore di ciò che c’era prima. Sennonché anche le malattie evolvono, ma nessuno vorrà sostenere che si tratta di un fatto positivo.

Nel medesimo articolo già citato (Le gare di iaido …), l’Articolista afferma dogmaticamente e con disinvoltura: “soprattutto, la competizione è l’essenza del Budo, l’unico modo che i praticanti di oggi abbiano per confrontarsi con qualcosa che assomigli davvero al contesto in cui la disciplina che hanno scelto si è formata e sviluppata”.

Ora, da quale autentica autorità l’Articolista abbia imparato che “la competizione è l’essenza del Budo”, noi non sappiamo, anche perché nessuna autentica autorità può aver insegnato un tale macrocosmico errore. Di più, affermare che con la competizione ci si possa avvicinare al contesto in cui la Disciplina della Spada si è formata e sviluppata, risulta del tutto soggettiva e azzardata, poiché chi lo afferma dovrebbe conoscere profondamente entrambi i termini di paragone. Cosa della quale ci permettiamo di dubitare, vista anche la giovane età dell’Articolista.

Piuttosto, ci piace avviarci alla conclusione elevandoci con le meravigliose parole di Yamaoka Tesshu:

 

«Per anni ho forgiato lo spirito mediante lo studio dell’arte della spada, affrontando ogni sfida con spirito fermo. I muri intorno a me improvvisamente crollarono; come pura rugiada che riflette il mondo con chiarezza cristallina, ora è giunto il completo risveglio».

 

Osiamo sospettare che le sfide di cui parla Tesshu nulla abbiano a che vedere con le moderne gare (con tutto il relativo e pesante apparato di regole), le quali ben difficilmente potranno condurre chi le pratica al completo risveglio. Immaginare poi che per esercitare le sue sfide Tesshu attendesse il “week end” …

 

Dice ancora il grande Maestro di Spada:

 

«Quando ero giovane, ho imparato che uno dei segreti dell’arte della spada era quello di mantenere la mente chiara e limpida come uno specchio lucente. L’arte della spada è la pratica dell’unificare il particolare con l’universale».

 

Sinceramente, non ci sembra che lo “iaido agonistico” vada nella direzione dell’unificazione del particolare con l’universale, operazione difficilissima e, diciamolo pure, aristocratica, che esige ben altro che il superamento dell’ “ansia da prestazione” o “la paura di esibirsi sotto pressione”.

 

“Prestazione” … “esibirsi” … uhm … piccole parole moderne e assai sospette se riferite a un Do.

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