L’esercizio dello «stop»
11 Luglio 2023
di
Georges Ivanovič Gurdjieff
Parigi, 6 agosto 1922
L’esercizio dello «stop» è obbligatorio per tutti gli allievi dell’Istituto. In questo esercizio, al comando «stop», o al segnale convenuto in precedenza, ogni allievo, ovunque si trovi e qualunque cosa stia facendo, deve istantaneamente interrompere ogni movimento. Che sia nel bel mezzo dei movimenti ritmici, o nella vita ordinaria che si svolge all’Istituto, che sia al lavoro o a tavola, l’allievo deve non soltanto bloccare i movimenti, ma conservare l’espressione del viso, il sorriso, lo sguardo e la tensione di ogni muscolo del corpo esattamente come si trovavano al momento dello «stop». Esso deve immobilizzare gli occhi sul punto fissato al momento del comando.
Durante questo stato di movimento sospeso, l’allievo deve anche arrestare il corso dei pensieri, non ammettendone categoricamente nessun altro. Egli deve concentrare tutta la sua attenzione per osservare la tensione dei muscoli nelle varie parti del corpo, dirigendo questa attenzione da una parte all’altra, badando che la tensione muscolare resti la stessa, senza mai aumentare o diminuire.
L’uomo che resta immobile dopo essere stato fermato in questo modo, non è «in posa». Molto semplicemente, è avvenuta l’interruzione del movimento di passaggio da una posa all’altra. Di solito, noi passiamo così rapidamente da una posa all’altra, che ci sfuggono gli atteggiamenti assunti in questo passaggio. L’esercizio dello «stop» ci consente di vedere e di percepire il corpo in posizioni e atteggiamenti che non gli sono affatto abituali e naturali.
Ogni razza, ogni nazione, ogni epoca, ogni paese, ogni classe e ogni professione, possiedono un numero limitato di pose caratteristiche da cui non si discostano mai, e che rappresentano lo stile particolare di quell’epoca, di quella razza o di quella professione.
Ogni uomo, secondo il proprio carattere individuale, prende in prestito da quello stile un certo numero di pose che gli corrispondono e, di conseguenza, ogni individuo possiede un repertorio di pose estremamente limitato. È facile verificare quest’affermazione, per esempio, in un’opera d’arte di bassa qualità, in cui l’artista, abituato a esprimere meccanicamente lo stile di un’epoca e i movimenti di una razza o di una classe, cerca di raffigurare un’altra razza o un’altra classe. Esempi del genere abbondano sui giornali illustrati, dove spesso vediamo degli orientaliraffigurati in movimenti e atteggiamenti da soldati inglesi, oppure dei contadini raffigurati in gesti e pose da cantanti d’opera.
Lo stile dei movimenti e delle pose di ogni epoca, di ogni razza e di ogni classe èindissolubilmente legato a determinate forme di pensiero e di sentimento. E il legame è così stretto, che un uomo non può cambiare né la forma dei pensieri né quella dei sentimenti, se non cambiando il proprio repertorio di pose.
Le forme dei pensieri e dei sentimenti possono essere definite « pose» del pensiero e del sentimento. Ogni uomo, come ha un determinato numero di pose motorie, ha un determinato numero di pose intellettuali ed emozionali. E le pose fisiche, intellettuali ed emozionali sono tutte interdipendenti. Per questo motivo un uomo non può mai scostarsi dal proprio repertorio di pose intellettuali ed emozionali, a meno di non cambiare le pose fisiche.
L’analisi psicologica e lo studio delle funzioni psicomotorie, se condotti in maniera appropriata, dimostrano che ogni nostro movimento, volontario o involontario, è una transizione inconsapevole da una posa automaticamente fissata a un’altra, anch’essa automatica. Che i nostri movimenti siano volontari è un’illusione; in realtà, sono automatici. E i nostri pensieri e sentimenti sono anch’essi automatici. L’automatismo dei pensieri e dei sentimenti è strettamente legato all’automatismo dei movimenti. Non si può cambiare l’uno senza l’altro. E se, per esempio, l’attenzione di un uomo viene mobilitata per cambiare l’automatismo del pensiero, i suoi movimenti abituali e le sue pose ostacoleranno questo nuovo modo di pensare, provocando le solite vecchie associazioni.
Noi non ci accorgiamo fino a che punto le funzioni intellettuale, emozionale e motoria siano interdipendenti, ma possiamo facilmente constatare la dipendenza dei nostri umori e dei nostri stati emotivi dai movimenti e dalle pose che ci caratterizzano. Se un uomo assume una posa che per lui corrisponde a un sentimento d’angoscia o di depressione, molto rapidamente proverà davvero un sentimento d’angoscia o di depressione. La paura, l’indifferenza, l’avversione ecc., possono essere suscitate cambiando artificialmente le pose.
Poiché tutte le funzioni dell’uomo, intellettuale, emozionale e motoria, posseggono il proprio repertorio di pose e interagiscono costantemente, ne consegue che un uomo non può mai uscire dal proprio repertorio. I metodi di lavoro dell’Istituto per lo sviluppo armonico dell’Uomo offrono la possibilità di spezzare il cerchio degli automatismi già radicati, e uno di questi mezzi, specialmente all’inizio del lavoro su di sé, è l’esercizio dello «stop».
Uno studio non meccanico di se stessi è possibile solo grazie alla corretta applicazione dell’esercizio dello «stop». Il movimento già iniziato viene interrotto da un ordine o da un segnale improvviso. Il corpo si immobilizza e resta fermo al momento del passaggio da una posa all’altra, in un atteggiamento mai assunto nella vita ordinaria. Un uomo che si percepisca in questo stato, cioè nello stato dovuto a una posa insolita, può guardarsi da un nuovo punto di vista, e può vedersi e osservarsi come non ha mai fatto prima. In una posa che non gli è abituale, egli può pensare in modo nuovo, sentire in modo nuovo e conoscersi in modo nuovo. Il cerchio dei vecchi automatismi è spezzato.
Il corpo lotta invano per riprendere la solita posa in cui si sente a proprio agio: la volontà dell’uomo, mobilitata dal comando: «stop!» vi si oppone. Lo «stop» è un esercizio rivolto simultaneamente alla volontà, all’attenzione, al sentimento, al pensiero e al movimento. Ma è importante capire che per attivare la volontà con una forza sufficiente a bloccare un uomo in una posa inabituale, è indispensabile che il comando «stop!» venga dall’esterno. Un uomo non può dare a se stesso l’ordine «stop!» poiché la sua volontà non ubbidirebbe. Il motivo è dovuto al fatto che la combinazione delle solite pose intellettuali, emozionali e motorie è più forte della volontà. Il comando «stop!» proveniente dall’esterno prende il posto delle pose intellettuali edemozionali e, a quel punto, le pose motorie si sottomettono alla volontà.
Il perspicace Artista del Budo saprà riconoscere il collegamento dell’esercizio su esposto con quanto comporta l’Arte praticata.