Abbandono del controllo

da Adyashanti (Stephen Gray), La danza del vuoto 

Cosa accadrebbe se tu abbandonassi ogni frammento e ogni desiderio di controllo, fino al più infinitesimo impulso a controllare qualsiasi cosa, ovunque, compreso tutto ciò che potrebbe accaderti in questo stesso istante? Immagina di poter rinunciare completamente e definitivamente al controllo, a qualsiasi livello. Se tu fossi in grado di rinunciarvi in modo totale e assoluto, saresti allora un essere spiritualmente libero.

Molti sostengono che quando togli via, scavando, fino all’ultimo strato della maschera emozionale umana, l’emozione primaria che mantiene gli esseri umani nella separazione è la paura. Non è quanto ho riscontrato personalmente. Ho constatato che il problema essenziale che costringe le persone a sperimentare se stesse come esseri separati è il desiderio e la volontà di controllo. La paura sorge quando credi di non aver alcun controllo […]

Se lasci andare il controllo, non puoi evitare di essere affrancato e libero. È come quando ti lanci da un edificio, non puoi fare a meno di precipitare: la gravità ti trascina giù […]

La realizzazione può dirsi compiuta solo grazie al rilascio cieco e imprevedibile del controllo. È naturale che a questo punto le persone mi chiedano: «E adesso, come lascio andare il controllo? Come si fa?». E io posso solo dire che questa stessa domanda è il tuo controllo. Il controllo sta cercando di fare il suo lavoro. Quando si chiede «come», si ha sempre a che fare col controllo. A volte avere un «come» può rivelarsi utile, ma in fin dei conti è sempre una forma di controllo. Non c’è nessun «come».

Lascia andare, semplicemente. […]

Se ci stiamo veramente abbandonando alla nostra vera natura, le forme più lampanti di controllo non sono in funzione. Se stanno ancora operando, allora non ci stiamo adagiando sulla nostra vera natura […].

Se poi tentiamo ancora di controllare noi stessi e gli altri, torniamo indietro nel mondo dei sogni. […]

Lasciar andare presuppone sperimentare la morte del nostro io separato, e questa è una morte molto, molto profonda. Profondissima. Ovviamente, è una morte del tutto illusoria. […]

Lasciar andare ogni pretesa sul momento. Ogni volta che hai qualche pretesa su questo momento – che ti dia qualcosa o che tolga di mezzo qualcos’altro – vi è sofferenza […]

Il problema è che quando c’è una pretesa, ti sfugge completamente ciò che vi è adesso. […]

La mente ha paura di lasciar andare le proprie pretese, perché pensa che se molla la presa non otterrà ciò che vuole […]. Smettila di cercare d’essere una persona migliore, e sarai una persona migliore. Smettila di cercare di perdonare, e il perdono accadrà. Fermati e fa silenzio. […]

È come se cominciassi ad andare a caccia del gioiello che già possiedi in tasca […]

Ciò che tu sei è l’unica cosa che non puoi ottenere. Ed è proprio questa la sua bellezza. […]

Puoi soltanto smettere di mentire […]

L’ego è semplicemente un moto della mente, che cerca sempre di ottenere qualcosa – l’amore, oppure Dio, denaro, o un nuovo giocattolo. La mente pensa sempre che qualcosa sia sul punto di renderla felice.

da C.G.Jung / Richard Wilhem, Il segreto del Fiore d’Oro

Di tanto in tanto capitavano, nella mia pratica terapeutica, eventi di questo tipo, e cioè che un paziente riuscisse a superare sé stesso grazie a potenzialità a lui sconosciute; ciò costituì per me l’esperienza più preziosa.

Nel frattempo avevo infatti imparato che i problemi più grandi e importanti della vita sono, in fondo, tutti insolubili; e non possono non esserlo, perché esprimono la necessaria polarità inerente a ogni sistema di autoregolazione.

Essi dunque non potranno mai essere risolti, ma soltanto superati.

Perciò mi chiesi se questa possibilità del superamento, e cioè di un ulteriore sviluppo psichico, non costituisse in genere il fatto normale, e se quindi il fatto patologico non consistesse proprio nel rimanere bloccati dentro o davanti a un conflitto.

Ogni individuo dovrebbe possedere, perlomeno potenzialmente, questo livello più alto, e poter dunque, in condizioni favorevoli, sviluppare tale possibilità.

Nell’osservare il processo di sviluppo dei pazienti che tacitamente, quasi senza rendersene conto, erano riusciti a superare sé stessi, vedevo che i loro destini avevano tutti un elemento comune, in quanto il nuovo giungeva loro dalla sfera delle potenzialità nascoste, o dall’esterno o dall’interno.

Essi lo accettavano e crescevano con il suo aiuto.

Mi parve tipico che gli uni lo ricevessero dall’esterno, e gli altri dall’interno, o meglio che negli uni esso si sviluppasse dall’esterno e negli altri dall’interno, pur non essendo mai il nuovo cosa soltanto esterna o soltanto interna.

Se proveniva da fuori, diventava una profonda esperienza interiore; se invece proveniva dall’interno si trasformava in evento esterno.

In nessun caso però era stato procurato intenzionalmente e consciamente, ma sembrava piuttosto essere generato dal fluire del tempo. (…)

Per quanto ho potuto vedere io, non hanno fatto proprio nulla (wu-wei = agire senza agire), ma hanno lasciato accadere, come insegna il maestro Lu-Tzu, poiché la luce circola secondo le sue leggi, se non si abbandonano le proprie abituali occupazioni.

Il lasciar agire, il fare nel non fare, l’abbandonarsi del Maestro Eckhart è diventato per me la chiave che dischiude la porta verso la via: bisogna essere psichicamente in grado di lasciar accadere.

Questa è per noi una vera arte, che quasi nessuno conosce.

La coscienza interviene continuamente ad aiutare, correggere e negare, e in ogni caso non è capace di lasciare che il processo psichico si svolga indisturbato.


L’abbandono della volontà personale: un brano dalle “Istruzioni spirituali” di Meister Eckhart (XIII secolo)

Gli uomini dicono: «Ah! Signore, davvero vorrei essere in buon rapporto, in devozione e in pace con Dio (…)», oppure: «Non sarei sereno a meno di essere qui o là, o di fare questo o quello; devo vivere in terra straniera, o in eremitaggio, o in un monastero».

In verità, in ciò sta il tuo io, e null’altro. È la tua ostinata volontà personale (…): mai sorge in te l’inquietudine senza che ciò derivi dalla tua volontà personale (…). Quando pensi che si debbano fuggire certe cose e ricercarne altre, certi luoghi o certe persone, certi modi d’essere o certe opere, ciò non avviene perchè tali cose o tali modi ti ostacolino, ma perché tu stesso ti sei di ostacolo nelle cose, non avendo un corretto rapporto con esse.

Perciò devi cominciare da te stesso e abbandonare te stesso. In verità, se non fuggi prima te stesso, dovunque tu fugga troverai ostacoli e inquietudine. Chi cerca la pace (…) deve prima di tutto abbandonare se stesso: così abbandona tutte le cose.

In verità, se un uomo abbandonasse un regno o il mondo intero e mantenesse se stesso, non avrebbe abbandonato proprio nulla. (…) Soltanto chi abbandona la propria volontà e se stesso, ha abbandonato davvero tutte le cose (…). Poichè solo ciò che non vuoi più neppur desiderare, tu lo hai veramente lasciato e abbandonato per amor di Dio. Per questo Nostro Signore dice: «Beati i poveri in ispirito», ossia nella loro volontà. (…) «Chi vuole seguirmi, rinunci prima a se stesso». Tutto dipende da questo. Vigila dunque su di te, e non appena trovi te stesso, rinuncia al tuo io.

Lasciar andare ogni pretesa sul momento. Ogni volta che hai qualche pretesa su questo momento – che ti dia qualcosa o che tolga di mezzo qualcos’altro – vi è sofferenza.

Adyashanti