Buchi percettivi e zone d’ombra

Nel corso di una pur scrupolosa pratica vi possono essere innumerevoli “buchi percettivi”. Attimi in cui, nonostante ci si impegni nel mobilitare tutta la propria attenzione, si “perdono” (in termini di consapevolezza) alcuni passaggi del movimento. Questo avviene in particolar modo quando acceleriamo e siamo particolarmente concentrati nel finalizzare il gesto.

Ne consegue che distinguiamo soltanto due fasi del movimento: la sua preparazione e la sua finalizzazione, e perciò la “corsa” del movimento stesso è costellata da innumerevoli “zone d’ombra”.

Ora, per aumentare la velocità e la potenza dei movimenti, c’è chi implementa il lavoro tecnico col potenziamento muscolare.

Niente in contrario, però in questo modo il problema di fondo della discontinuità percettiva permane, perché il lavoro di potenziamento non incide più di tanto sul miglioramento della continuità propriocettiva.

È sempre bene armonizzare le qualità contrapposte che connotano una pratica (assumendole come complementari). Pertanto, se la durezza può trovare nutrimento nella morbidezza del rilassamento, la velocità trova senz’altro consapevolezza nella lentezza del gesto accurato.