Il lampo e il tuono

Riteniamo che il perspicace praticante di I-AI sappia trarre preziosi spunti  da quanto segue.

«Il pensiero non potrà mai afferrare il movimento della vita; è troppo lento. Accade più o meno la stessa cosa col lampo e col tuono. Il lampo e il tuono avvengono contemporaneamente, ma il suono si muove più lentamente della luce. Per quel che io posso dire, noi diventiamo consapevoli di qualcosa solo attraverso la memoria, la conoscenza; altrimenti non può esserci alcuno spazio, né la consapevolezza separante che esso porta con sé».

U.G. Krishnamurti

 Abitudinariamente, noi viviamo di pensiero, di memoria, che è come dire di sogno. Non appena pensiamo cominciamo a sognare, ciò facendoci assentare dalla reale situazione in cui ci troviamo qui ed ora.

Nonostante “movimento della vita” (lampo) e pensiero (tuono) siano contemporanei, cioè non-due, è difficile sentirsi vivi senza il preponderante supporto del pensiero, cioè della memoria, della conoscenza, del sogno. Dobbiamo e vogliamo pensare, sognare. E dire che, invece, essere svegli dovrebbe costituire la normalità!

“Il lampo e il tuono avvengono contemporaneamente”, quindi luce e suono sono non-due, ma noi, abitudinariamente, fruiamo soltanto del suono e non anche della luce. E così viviamo rallentati nel tempo e non immediati nel momento presente, che è l’unico tempo reale: nulla accade e nulla è accaduto o accadrà se non adesso, oggi. Nulla può accadere prima o ieri, nulla può accadere dopo o domani. Prima e ieri sono sogni. Dopo e domani sono sogni.

Finché il sogno dura, viviamo divisi in noi stessi, poiché separiamo il tuono dal lampo, il suono dalla luce. E non sospettiamo minimamente che il pensiero più banale come quello più elevato, ovvero il suono più rozzo quanto quello più eccelso, sono possibili soltanto grazie ad una più o meno possente impulso del “movimento della vita”, cioè del lampo. Non c’è tuono senza lampo. Non c’è suono senza luce. Non c’è pensiero senza “il movimento della vita”.

Abitudinariamente, il suono del pensiero, cioè la memoria, il sogno, ci sottrae alla luce della vita, alla luce del presente che è inafferrabile dal pensiero concettuale, che è pensiero pensato. Anzi scambiamo il suono per la luce, il sogno per la veglia, e così continuiamo a pensare … sognare … rallentare … in ritardo rispetto alla luce.

Se imparassimo, grazie al raccoglimento silenzioso, ad acuire la nostra facoltà di auto-osservazione, potremmo accorgerci che il pensiero emerge da un certo fondo e ad esso ritorna; fondo che è sempre uguale a sé stesso, e che è il “movimento della vita”, il lampo, che per l’intelletto ed il pensiero pensato è una luce nera poiché impercettibile, dato che essi possono attivarsi e sognare soltanto grazie ad elementi sensibili. Grazie all’auto-osservazione potremmo accorgerci che, tra il suo sorgere e il suo tramontare, il pensiero si crea uno spazio-tempo per farsi pensato, cioè suono, sogno, mentre il pensiero in sé, cioè pensante, è non-due con la luce della vita, in una immediatezza che si pone oltre la portata del pensiero pensato.

Noi siamo il pensiero pensante, cioè suono sintetico, non-due con la luce, che “produce” il pensiero pensato, cioè suono analitico, descrizione con la quale ci identifichiamo. Ma ogni descrizione è irriducibilmente altro dal descritto. Descrivere un paesaggio è sognarlo. È un definire concettuale ciò che per natura esso non è. È un frantumare la sua integrità. E ognuno sogna – definisce e frantuma – a modo suo, afflitto da condizionamenti di varia natura inerenti la sua vita personale che alimentano il suo giudizio dualistico ed egocentrico secondo gradimento o sgradimento, agio o disagio, accettazione o rifiuto.

Ora poiché facciamo del pensato, della descrizione, del sogno, della descrizione, della frantumazione un appiglio esclusivo, separandoci così dal lampo, cioè dal “movimento della vita”, finiamo per accontentarci di vivere una vita onirica, immersi nel sogno creato dal nostro pensato.

La figura illustra con chiarezza il processo di emanazione del pensiero: dal fulmine, cioè dal lampo, dal “movimento della vita”, il pensiero, cioè il tuono, da sé pensante (senza depauperarsi) si fa pensato, cioè un composto di concetti e immagini che per affermarsi si crea – deve crearsi – uno spazio-tempo, cioè un’“aria” attraverso cui diventa “onda d’urto”, cioè tuono, suono, sogno.

La “temperatura elevatissima” indica la potenza assoluta non duale del lampo-tuono, della luce-suono, del “movimento della vita” non-due col pensiero pensante. Ed è grazie a questa potenza che, “uscendo” da sé (e rimanendo integro in sé), il pensiero “surriscalda ed espande l’aria” per costituirsi in “onda d’urto”, cioè tuono, suono, sogno.

Anche questa figura è utile per comprendere come pensando-sognando ci poniamo nel punto di ascolto, il tuono-suono, come se fosse l’unico,  perciò separati dalla fonte, dal lampo-luce, ed in ritardo nei confronti di essa.

E così noi non vediamo le persone, le cose e il mondo così come sono, ma come li sogniamo, come li descriviamo, come li frantumiamo e, infine, come li giudichiamo, vale a dire come non sono. E nell’incoscienza di ciò, crediamo che il nostro sognare sia la realtà, con tutte le conseguenze che da tale illusione derivano. Mille persone mille sogni, mentre il panorama è uno solo ed è così com’è, prima di ogni descrizione, prima di ogni frantumazione. Mille persone mille sogni: allucinazione collettiva.

Altro è pensare dal pensante e altro è pensare dal pensato

Altro è creare un pensiero e altro è ripetere un pensiero.

Posso dire “sole!” ogni volta per la prima volta e quindi (ri)creandolo, oppure ripetere “sole” ogni volta per l’ennesima volta e quindi descrivendolo, sognandolo. Posso dire di un sole sempre nuovo oppure di un sole già vecchio.

Posso guardare un fiore ogni volta per la prima volta, fresco e fragrante, oppure guardarlo ogni volta per l’ennesima volta, “plastificato”.

La prima volta non lascia residui ed il pensiero pensante è ognora creativo. L’ennesima volta lascia residui che si accumulano ed il pensiero pensato si fa sogno sempre più fitto.

Si conclude con un brano ulteriormente illustrativo ed integrativo dell’argomento trattato.

«Considera ciò che succede se butti in aria un sasso. Esso lascia il suo punto d’origine, si slancia, poi ricade e continua la sua corsa finché non ha raggiunto la sua base d’origine dove rimane di nuovo immobile. Così le acque dell’oceano evaporano, formano le nubi che sono spinte dal vento e poi si condensano in pioggia che ricade sulle montagne e scendono poi dai pendii per formar dei ruscelli, dei fiumi che poi finiscono nell’oceano, luogo di riposo. Vedi dunque che non appena c’è un sentimento di separazione dalla propria sorgente si produce un’agitazione e un movimento finché il senso di separazione non è sparito. Così succede a te. Ti identifichi al tuo corpo e pensi che sei separato dallo Spirito, il vero Sé. Bisogna sopprimere questo senso di separazione ritrovando la sorgente e così sarai felice».

Ramana Maharshi

Attenzione!!! Che tutto quanto descritto non diventi sogno!