Dall’Oradegama di Hakuin

Istruzioni preziosissime per il praticante di I-AI.

Dall’Oradegama (La teiera lavorata a sbalzo)

Anch’io, da giovane, avevo frainteso la pratica, credendo che la Via di Buddha fosse la tranquillità della mente. Per questo detestavo le attività quotidiane e preferivo i luoghi tranquilli. Cercavo sempre posti isolati in cui praticavo lo zazen sterile.

La cosa più importante è non fare preferenze tra l’aspetto quietistico della pratica, rappresentato dallo zazen, e il suo aspetto attivo insito nella vita quotidiana, non aggrappandosi quindi né all’uno né all’altro, ma continuando invece a dedicarsi assiduamente al proseguimento della pratica.

 Spesso sembra di non arrivare da nessuna parte con la pratica nel mezzo dell’attività, mentre la pratica quietistica sembra apportare risultati inaspettati, ma non è così. Infatti, le persone che si dedicano solo alla pratica quietistica non sono in grado di entrare nella pratica in movimento e di ottenere liberamente qualcosa. Quando capita loro di entrare nella sfera del movimento e nel comune mondo dell’attività, anche il potere insito in un risveglio ordinario sparisce senza lasciare tracce, anche la più piccola forza vitale si esaurisce, e loro rimarranno persone mediocri e inferiori. Le cose più insignificanti li faranno innervosire, una codardia inusuale affliggerà la loro mente e si comporteranno spesso in modo meschino e vile. Persone così a cosa si riferiscono quando dicono di avere realizzato qualcosa?

 Il maestro chan Dahui Zonggao disse che la pratica nel movimento è incommensurabilmente superiore alla pratica nella quiete. Boshan disse che non riuscire a portare a termine la pratica nell’attività, è paragonabile a uno che cerca di valicare la cima di una montagna molto ripida con un grosso peso sulle spalle. In questo modo non voglio dire che bisogna sbarazzarsi completamente della pratica quietistica e del cercare un luogo di attività per praticare. A ogni modo, la cosa che ha più valore è una pura pratica del kōan non consapevole dei due aspetti di attività e quiete, e che non fa differenza tra essi. Per questo si dice: «un vero monaco che pratica cammina ma non è consapevole “di” camminare, siede ma non è consapevole “di” essere seduto».